Guatemala: democrazia ostaggio della “giustizia”

Il 20 agosto i guatemaltechi sono chiamati a scegliere il prossimo capo di Stato attraverso un ballottaggio che si svolgerà solo grazie al “via libera” del Tribunale Supremo Elettorale, dopo le discutibili decisioni giudiziarie che avevano escluso 3 dei favoriti alla presidenza e il 10% dei candidati deputati e amministratori municipali.
Guatemala
(AP Photo/Moises Castillo)

Il 25 giugno, 9 milioni di guatemaltechi erano chiamati a scegliere presidente, vicepresidente, parlamentari e rappresentanti municipali. Con una partecipazione vicina al 60% (il voto è obbligatorio) l’ex first lady Sandra Torres è risultata la più votata, col 15,9 % dei suffragi, seguita a sorpresa da Bernardo Arévalo con l’11,8 % (a fronte delle previsioni che gli assegnavano un 5 %). Entrambi si disputeranno la presidenza del Guatemala al secondo turno, al quale non ha avuto accesso Manuel Conde, candidato del partito Vamos attualmente al governo, fermo al 7,84%. Il “vincitore” della consultazione di giugno, ad ogni modo, era stato il voto nullo, che aveva raccolto il 17,4 % delle preferenze.

Secondo Unione Europea, Stati Uniti e Organizzazione degli Stati Americani, quel giorno le votazioni si erano svolte con normalità, ma alcuni rapporti di presidenti di seggi avevano motivato l’impugnazione dei risultati da parte di 9 partiti. Impugnazione illegale per tempi (non si può inabilitare nessuno in pieno processo elettorale) e modi (lo dovrebbe fare il Tribunale Elettorale e non la Corte Costituzionale, alla quale si sono rivolti i 9 partiti). Dopo più di due settimane di incertezza, il 12 luglio il Tribunale Supremo Elettorale ha respinto il ricorso, ha convalidato i risultati del primo turno e ha confermato il passaggio al secondo di Torres e Arévalo.

Per gli analisti, gli osservatori internazionali e le organizzazioni per i diritti umani, le intimidazioni, la compravendita di voti e la generalizzata corruzione del sistema politico, la dubbia indipendenza del potere giudiziario e varie connessioni con il narcotraffico avevano viziato la pre-campagna e la campagna elettorale. In luoghi dove la criminalità organizzata è forte, ha campo libero per associarsi con politici ed imprenditori (o politici-imprenditori) che, a loro volta, controllano strutture dello stato e distribuiscono benefici illeciti a potenziali votanti. Nonostante tutto ciò, la missione internazionale di controllo elettorale ha ratificato il corretto svolgimento del voto del 25 giugno.

Intervistata dalla Bbc, la direttrice per Centroamerica e Messico del Centro per la Giustizia e il Diritto Internazionale (Cejil), l’avvocata ed ex procuratrice generale della Repubblica, Claudia Paz y Paz ha enfatizzato che, come segnala la Corte Interamericana dei Diritti Umani (Cidh) facendo eco delle denunce delle organizzazioni che perseguono lo stesso fine: «Il sistema di giustizia guatemalteco attraversa una crisi altamente preoccupante poiché – come avverte la Cidh – esiste una strategia tendente alla sua cooptazione da parte di gruppi e strutture di potere parallele, coinvolte in schemi di corruzione e interessati ad assicurare l’impunità e la perpetuazione di meccanismi di corruzione». E Paz y Paz aggiunge: «Gli attuali magistrati della Corte Costituzionale rispondono a questi interessi».

Lo “sfidante” alla presidenza, Bernardo Arévalo, benché diplomatico e politico di lungo corso, figlio dello storico presidente Juan José Arévalo (1945-51), si presentava come alternativa all’establishment politico del quale la popolazione è ormai stanca in modo esasperato. Inalberando la bandiera della lotta alla corruzione, Arévalo critica la progressiva perdita di indipendenza della Giustizia e la sistematica persecuzione nei confronti della stampa indipendente. Arévalo sarebbe stato il quarto candidato escluso dalla corsa elettorale dopo la leader indigena Thelma Cabrera, inabilitata per presunte irregolarità fiscali del suo canditato alla vicepresidenza, l’ex ministro Óscar Rodolfo Castañeda; l’oppositore e figlio di un ex presidente, Roberto Arzú, e l’outsider imprenditore e tiktoker Carlos Pineda: tutti cancellati dalle liste per presunte irregolarità formali.

Nonostante le contestazioni di piazza dopo ciascuno di questi provvedimenti, i partiti tradizionali non hanno avuto esitazioni nel perseguire la rimozione dell’“ostacolo Arévalo”, e il colmo è giunto con la decisione della Corte Costituzionale che senza averne titolo ha dato loro ragione, sentenziando la sospensione del partito di Arévalo, tra le proteste di organismi internazionali, Unione Europea e Stati Uniti.

Sventato il rischio di un annullamento del voto del primo turno, richiesto dai 9 partiti coalizzati, secondo l’organizzazione Mirador Electoral, queste sono comunque elezioni “ristrette, nelle quali l’autorità elettorale si converte nel primo grande elettore del processo, limitando il voto cittadino all’offerta preselezionata”.

Per Claudia Paz y Paz, «la reazione cittadina per proteggere il voto e quella di importanti settori nazionali e internazionali è stato cruciale affinché non si concretizzassero i “piani” dei partiti tradizionali. Il pericolo che esiste è che si utilizzi arbitrariamente il diritto penale contro i candidati che passano al secondo turno, e la criminalizzazione di funzionari della Giustizia, di difensori dei diritti umani e giornalisti».

Con manifestazioni di protesta di fronte all’ufficio dell’attuale procuratrice generale, Consuelo Porras, una delegazione di cittadini ha chiesto le dimissioni della Porras e del pm Rafael Curruchiche. La strategia di criminalizzare funzionari giudiziari, giornalisti ed attivisti per la democrazia e i diritti ha motivato tra l’altro l’inclusione del Guatemala nell’ultimo report della Cidh, la Corte Interamericana dei Diritti Umani, nell’elenco dei Paesi oggetto di grave preoccupazione. La “corruzione sistemica” è indicata dagli analisti regionali e internazionali come causa del degrado democratico guatemalteco. A detta di Claudia Paz y Paz, la sospensione – ora annullata – del partito di Arévalo da parte della Corte Costituzionale «è un esempio di come operano le istituzioni cooptate, che mettono a rischio perfino un processo elettorale». Potranno la pressione internazionale e quella civile invertire la rotta?

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