Grecia sotto shock

Tagli agli stipendi statali, file alle agenzie per il lavoro, mentre la gente lascia Atene per i piccoli centri o per l’estero per salvarsi dalla bancarotta
Grecia crisi

Atene si è svegliata sotto shock dopo l’annuncio della patrimoniale che il governo intende varare come ulteriore tentativo di salvare il Paese dal fallimento. Qui sono più di tre milioni i greci che posseggono una casa, non solo perché l’hanno acquistata o costruita da zero, ma perché ereditata da genitori e nonni. E per tanti è l’unico bene posseduto, soprattutto dopo che la crisi ha portato via anche il lavoro. Come faranno a pagare una tassa esosa senza un reddito da altre fonti? La nazione sta prendendo consapevolezza poco a poco del baratro su cui si trova: le vacanze – strappate alla crisi e ai tagli – volevano allontanare lo spettro, ma la realtà in tutta la sua crudezza è tornata a farsi sentire.

 

Riaprono gli uffici e le scuole, ma nelle strade si respira un senso di tragedia imminente. Un segnale per tutti le file chilometriche davanti alle agenzie per il lavoro, spettacolo insolito per la città abituata più a qualche immigrato in sala d’attesa e non a centinaia di greci che implorano un’occupazione. L’annuncio della ricerca di una baby sitter ieri è stato preso d’assalto, e non dai soliti stranieri. La gente lascia la capitale per i piccoli centri alla ricerca di lavoro e non sono pochi quelli che abbandoneranno il Paese per l’Europa del nord, dove parenti e amici si sono ambientati da qualche anno, non vedendo prospettive di crescita e di cambiamento.

 

Un’impiegata della tv di stato ha visto il suo stipendio tagliato di tre mensilità e mezzo, ma lei un lavoro ce l’ha ancora e non si lamenta, anche se non sarà facile affrontare il nuovo anno. Le scuole private hanno visto diminuire considerevolmente gli studenti: la retta è impossibile da sostenere di fronte a ben altre priorità.

 

In Parlamento si discute e si lavora con frenesia e agitazione, «troppa» secondo la stampa e «non sempre produttiva, per gli eccessivi dissidi che continuano a spaccare i partiti». «Le misure adottate dal Pasok (il partito socialista al governo) sembrano quelle di uno schieramento di destra, ma sono inevitabili», secondo i commentatori politici. Indubbiamente questi provvedimenti rischiano di mettere la parola fine alla carriera politica dei parlamentari, perché troppo impopolari e gravose per il popolo. Ma la scure del default non lascia scelta, e anche i tentativi di salvare qualche brandello di popolarità non sortiscono alcun effetto sugli elettori delusi e quanto mai inquieti.

 

E il popolo della piazza, che per mesi ha tenuto viva la partecipazione e la vitalità democratica? I presidi di piazza Syntagma sono stati sgomberati dalla polizia all’alba della prima settimana di agosto. «Rovinavano l’immagine della città e incidevano negativamente sul turismo», è stata la risposta ufficiale agli arresti e allo smantellamento dei gruppi di lavoro. Il 3 settembre però un nuovo appuntamento ha visto riunite diecimila persone e si è inaugurata una nuova strategia partecipativa: i gruppi di quartiere. Non è insolito vedere in queste settimane sedi ed edifici del governo inutilizzati, occupati dagli abitanti di un quartiere che li hanno trasformati in agorà, stavolta però al chiuso. Si organizzano mense comuni per risparmiare sul cibo: «ciascuno porta qualcosa e si fanno grandi pentoloni. Poi si discute e si fanno proposte – spiega uno dei partecipanti -. Ma non vogliamo essere una ong che distribuisce cibo ai poveri: qui siamo una comunità che si offre aiuto reciprocamente».  Intanto i medici a turno, in una delle stanze, offrono consulenze gratuite, e alcuni insegnanti si sono proposti per un doposcuola senza chiedere alcun compenso.

 

La crisi ha attivato nuove risorse, ma non riesce a scongiurare un destino che per la Grecia si preannuncia ancora più cupo.

 

 

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