Grazie Liliana Segre

La scelta di pace della senatrice a vita negli orrori del nostro tempo. L’odio inaudito che ha segnato la sua vita e la vita di tanti altri innocenti, responsabili solo di essere nati, non è riuscito a radicarsi nel suo cuore  
ANSA/DUILIO PIAGGESI

Novembre 1944: Liliana Segre, con gli altri deportati di Auschwitz, si allontana dalla “Fabbrica della morte” in cui è stata internata da ragazza, a 13 anni, e comincia la marcia verso la libertà. Scheletri ambulanti feriti nel corpo e nella dignità di esseri umani, trattati fino a quel momento con una ferocia inaudita. Anche da quell’uomo delle SS che fino a poco prima era dalla parte dei persecutori e con un nerbo di bue flagellava i loro corpi e che ora è lì, e cammina accanto a lei.

La prima reazione di paura lascia il posto all’incredulità: lo vede togliersi i vestiti e rimanere in mutande per nascondersi (vigliacco!) tra le vittime. E mentre si accorge che getta la sua pistola per terra capisce che può vendicarsi degli orrori subiti: «Ho pensato: prendo questa pistola e gli sparo. Mi sembrava così giusto. Un perfetto finale. Ma è stato un attimo…io non ero come lui, io non ero un’assassina (…) lì sceglievo di essere quella donna libera, quella donna di pace che sono diventata poi. Ma lo son diventata in quel momento perché ho scelto di non sparare».

Così Liliana Segre in un’intervista straordinaria (vedi qui) raccolta a gennaio 2018 dalla giornalista Lucia Ascione di TV 2000 in occasione della sua nomina, da parte del Presidente Mattarella, di Senatore a Vita.

Ascoltandola allora come oggi, difronte ai messaggi violenti ed intimidatori di cui è vittima, tanto da averle dovuto dare la scorta, viene in luce la sua delicatezza, la sua grazia, la sua forza. Nelle sue parole, nei suoi occhi, c’è il dolore per il ricordo vivissimo di quei giorni, impressi come un marchio nella sua mente e nella sua carne ma non c’è il minimo rancore. L’odio inaudito che ha segnato la sua vita e la vita di tanti altri innocenti, responsabili solo di essere nati, non è riuscito a radicarsi nel suo cuore.

“Odiare significa perdere tempo prezioso. È un peccato verso sé stessi” ha risposto ad un ascoltatore di Rai Radio 1 “In viva voce” che rivendicava il diritto all’odio.

E questo pochi giorni fa dopo l’approvazione della mozione contro l’odio, il razzismo e l’antisemitismo da lei proposta.

Grazie senatrice per il suo esempio. Grazie perché mi rende orgogliosa di essere italiana. Grazie anche perché rappresenta per me, cattolica, l’incarnazione di quel “Beati gli operatori di pace” di Gesù.

 

 

 

 

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