Gli Usa nella crisi da Covid-19
La dottoressa dell’ospedale di Elmhurst a Queens ha dovuto ricorrere ad un container per accogliere i pazienti moribondi a causa del coronavirus. Il presidio medico in uno dei quartieri più popolosi di New York è stato preso d’assalto da chi ha tutti i sintomi del Covid-19 ed è povero, senza documenti, precario. Non sanno che altri ospedali possono assisterli, ma Elmhurst è famoso per aiutare chi non ha reddito e chi è ai margini e loro supplicano questi medici che riciclano mascherine perché le 300 mila promesse dall’amministrazione Trump non sono arrivate e l’emergenza non aspetta.
Al Wyckoff Heights Medical Center di Brooklyn, invece, quei camion frigoriferi sono diventati obitori. Domenica, il gruppo investigativo di Pro-Pubblica, ha rilevato che ben dieci cadaveri vi sono stati depositati: inizialmente in sacchi e poi avvolti solo in lenzuola. In questo ospedale i pazienti sono afro-americani e qui è morta la prima “paziente zero” ufficiale. La fotografia scattata in tanti ospedali della città e del Paese è fatta di materiale di protezione medico inesistente, di ventilatori e unità di rianimazione insufficienti e datati, di letti nei corridoi, nelle tende e nei camion frigorifero: certamente non è l’immagine che ci si aspetterebbe di trovare nella prima economia al mondo.
Invece questa è la “Grande America” di Trump dove i negozi di armi vengono considerati un servizio essenziale alla nazione e rimangono aperti anche ora e dove la General Motors in appena cinque giorni ha riadattato la produzione industriale per creare ventilatori è stata bollata come “troppo lenta” da un tweet presidenziale.
È un Paese dove i governatori supplicano da settimane misure restrittive e un supplemento di attrezzature mediche ma restano inascoltati e procedono in ordine sparso assieme a sindaci e amministratori locali che chiedono protocolli, interventi e si trovano invece a dover correre ai ripari dopo ogni conferenza stampa del presidente che detta numeri e condizioni smentiti in diretta dai medici che presiedono la task force nazionale.
Trump da parte sua ha spinto l’acceleratore sull’esecutivo, firmando ordini e leggi che hanno consentito l’immissione sul mercato di 2.2 trilioni di dollari per non rischiare un crac economico, ma ha perso tempo, ha aspettato un mese prima di agire e queste accuse pesano come un macigno di fronte all’impatto devastante del Covid-19 sul Paese e anche sulla sua campagna elettorale.
Il primato da lui rivendicato per gli Stati Uniti hanno i numeri di contagiati (oltre 163 mila) più alti del mondo, mentre tutti sperano che altrettanto non accada con i morti (oggi 3.008, di cui quasi mille a New York) e che si metta la parola fine al caos amministrativo che sta impedendo per esempio al dipartimento dei veterani, autorizzato a schierare medici e attrezzature durante le catastrofi e le emergenze, di correre in soccorso delle città che ne supplicano l’intervento. Difetti tecnici nei test, ostacoli normativi, burocrazie intricate e mancanza di leadership a più livelli hanno fatto sì che il Paese con il maggior numero di specialisti e scienziati in malattie infettive non sia riuscito a contenere la diffusione del virus.
In attesa dei vaccini, che vedono impegnate non poche aziende farmaceutiche Usa, quello che in questi giorni sta facendo “Grande l’America” è la straordinaria capacità di iniziativa e la capillare rete di solidarietà messa in piedi dai cittadini, dalle istituzioni locali e dalle aziende. In meno di una settimana cinquemila volontari a New York hanno aderito a “Invisible Hands” (mani invisibili), un’organizzazione nata da tre amici il 23 marzo con l’impegno di portare la spesa a domicilio ad anziani e soli e assisterli anche con delle telefonate. La città poi ha aperto 400 presidi in cui è possibile ritirare colazione, merenda e pranzo per i bambini iscritti alle scuole.
Il problema del cibo, con la chiusura degli istituti, è diventato pressante per molte famiglie che contavano anche sulle mense scolastiche per garantire pasti completi: questa soluzioni di pasti al sacco è certamente un sollievo. Infine nove delle più grandi aziende tessili degli Stati Uniti hanno formato un consorzio per produrre 10 milioni di maschere alla settimana per gli operatori sanitari.
Fabbriche spesso con concorrenti sul mercato si sono «unite per garantire alla nazione un bene più grande di fronte a questa sfida», scrivono nel comunicato congiunto. E poi ci sono loro,i cittadini di Manhattan, chiusi non sempre disciplinatamente nelle case, che ogni sera alle 7 si affacciano alle finestre e ai balconi per applaudire gli operatori sanitari e i soccorritori, quelli che senza sosta stanno facendo “Grande” il Paese.