Fratello Dj Fabo
Confesso un certo imbarazzo nel parlare della vicenda di Fabiano Antoniani, Dj Fabo, il 39enne che, cieco e tetraplegico per un incidente stradale del 2014, si è dato la morte in Svizzera mordendo un pulsante che ha dato il via alla trasfusione di farmaci atti a portarlo al sonno e poi alla morte. Una pratica comune: centinaia di persone migrano oltralpe ogni anno per mettere la parola fine alle loro sofferenze da incubo.
L’imbarazzo è dato dal fatto che non si dovrebbe sbattere in prima pagina la dolorosissima decisione di chi non ce la fa più, anche se lui stesso desiderava che si parlasse del suo caso. Il pudore e la riservatezza sarebbero d’obbligo. Per chi crede anche e soprattutto la preghiera. Voglio solo sperare che le tante pagine di carta o web dedicate a Dj Fabo siano una sorta di preghiera laica per anestetizzare il dolore di una perdita. E non solo una strategia per ottenere misure legislative in favore dell’eutanasia, anche qui da noi. Perché la decisione di Dj Fabo è rispettabile, come è rispettabile quella delle centinaia di persone che quel morso al pulsante non vogliono darlo. Comunque, di articoli di peso oggi ce ne sono molti: si veda ad esempio su Avvenire quello di don Patriciello.
Dj Fabo è nostro fratello, come Welby, come Eluana Englaro era nostra sorella. Miei fratelli, mia sorella. E ai più vicini noi non possiamo che augurare il meglio. A mio fratello posso augurare di essere veramente libero nella decisione, così come voglio augurargli di non essere mai lasciato solo: esistenzialmente, spiritualmente, amichevolmente. Anche razionalmente. Oltre quest’augurio c’è solo il silenzio per Dj Fabo.
p.s. Senza scandalismi o sensazionalismi, abbiamo tuttavia il dovere di farci un’opinione ragionata e attenta su argomenti tanto gravi, è un dovere di cittadinanza attiva e di responsabilità umana. Per questo anticipiamo un articolo che apparirà sul prossimo numero del mensile Città Nuova che tratta dell’argomento, mettendo a confronto posizioni rispettabili anche se diverse.