Cosa sta succedendo a Idlib e Afrin?

Rigurgiti di una guerra mai finita. Gli interessi particolari turchi rischiano di provocare una deflagrazione più ampia. Il dramma della popolazione civile intrappolata

Save the Children ha pubblicato il 17 gennaio scorso un accorato appello per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’ennesimo dramma umano che si è riacceso con particolare violenza nel Nord Ovest della Siria dove i governativi siriani stanno tentando di penetrare nella provincia di Idlib, la grande sacca rimasta in mano ai jihadisti dopo la pausa di de-escalation concordata ad Astana fra Russia, Iran, Turchia e la Siria di Assad. Gli operatori di Save the Children, presenti a Idlib, parlano di un esodo di 200 mila civili, 110 mila dei quali sarebbero bambini. I bombardamenti avrebbero già distrutto molte scuole, case e ospedali. Sarebbero almeno 7 mila le persone che ogni giorno si aggiungono agli sfollati cercando riparo come possono in edifici abbandonati o in rifugi improvvisati nel tentativo di scampare alle bombe e al freddo.

Nel cosiddetto “emirato” di Idlib, cioè in quello che è diventato il centro del jihadismo siriano dopo le battaglie di Aleppo e di Raqqa, durante la tregua dei mesi scorsi si sono verificati due fenomeni rilevanti: molti jihadisti di varia matrice, scacciati da altri territori (Aleppo, Raqqa, Deir Ezzor), hanno ottenuto dei salvacondotti e si sono concentrati qui, aggiungendo alla popolazione locale (circa 1,5 milioni di abitanti) forse un altro milione di persone, soprattutto combattenti e loro familiari. Pertanto circa metà delle persone intrappolate a Idlib hanno molto da temere da un’eventuale vittoria dei governativi. A questo affollamento si è aggiunta la lotta armata fra i due principali schieramenti jihadisti per il controllo del territorio dentro la sacca: ha prevalso il gruppo che fa capo a Tahrir al Sham, i qaedisti dell’ex Fronte Al-Nusra, mentre i jihadisti dei gruppi filoturchi di Arhar al Sham si sono ritirati più ad Ovest, a ridosso del confine turco dal quale dipendono per i rifornimenti. L’attuale attacco governativo tenta di spaccare in due la sacca di Idlib, da Sud a Nord, per controllare lo strategico aeroporto di Abu ad Duhur e isolare (e inglobare) la parte più orientale, quella che confina pericolosamente con il territorio ormai governativo di Aleppo (Idlib e Aleppo distano solo 60 Km fra loro). L’esercito governativo siriano, con la copertura aerea dei russi, è come sempre sostenuto a terra da combattenti iraniani e da milizie Hezbollah.

A Nord di questo territorio si trova l’altra enclave: la parte occidentale del Kurdistan siriano (con il capoluogo di Afrin), isolato dal resto del territorio curdo ad Est dall’intervento turco dell’estate 2016, detto “Scudo dell’Eufrate”, che occupa la zona curdo-siriana di Jarabulus. L’intervento turco del 2016 era ufficialmente rivolto contro il Daesh ma in realtà aveva l’evidente e palese scopo di contrastare i curdi siriani del Rojava. I turchi stanno approfittando dell’attuale situazione di incertezza del sostegno Usa ai curdi siriani per lanciare un’operazione militare definita paradossalmente “Ramoscello d’olivo”: secondo il presidente Erdogan e i comandi militari turchi al solo scopo di isolare elementi terroristici presenti nella zona; di fatto per controllare il territorio curdo di Afrin e Mambji in attesa di poter fare lo stesso in tutto il Kurdistan siriano ad Est dell’Eufrate. Russi permettendo, ovviamente.

Ma i russi, che non sono lontani da qui avendo la loro principale base in Siria a Tartous, a pochi minuti di aereo, si sono astenuti per ora da qualsiasi intervento anche solo verbale, lasciando campo libero ai tank e ai cacciabombardieri turchi che stanno occupando il loro pezzo di Siria per dettare le loro condizioni alle trattative diplomatiche che il gruppo di Astana sta per avviare a Sochi, indipendentemente da quelle in corso a Ginevra con la mediazione dell’Onu.

La complessità è data da un intricato puzzle di alleanze “ad assetto variabile” dove ciascuno in fondo cerca se e come può di tirare acqua al proprio mulino: turchi alleati con russi e iraniani ma contrari al governo Assad e ai curdi; turchi e americani, entrambi membri nella Nato, divisi su quasi tutto; governativi e curdi, che in principio sarebbero alleati ma di fatto diffidano gli uni degli altri; iraniani ed Hezbollah che sostengono Assad accanto ai curdi, ma contrari agli americani; i russi arbitri incontrastati della situazione… Difficile uscire da questo tremendo garbuglio, molto difficile. Arroganza, furbizia e sete di potere la fanno da padroni, la pace pare non interessi a nessuno. Eppure ci sono milioni di civili siriani che aspettano, non possono fare altro. Aspettano che gli asfissianti giochi di potere si plachino. Dopo, in qualche modo, ci sarà un Paese, o quello che ne resterà, da ricostruire. E loro sono comunque pronti a rimboccarsi le maniche per il loro Paese.

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