Co- Governance per la città
“La politica è l’amore degli amori che raccoglie nell’unità di un disegno comune la ricchezza delle persone e dei gruppi, consentendo a ciascuno di realizzare liberamente la propria vocazione”. Non poteva che concludersi con queste parole di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, il convegno “Co-Governance, corresponsabilità nelle città oggi”, dedicato al governo partecipato delle città promosso da Movimento Umanità Nuova, Movimento Politico per l’Unità e Associazione Città per la Fraternità, espressioni dell’impegno sociale e politico proprio dei Focolari.
Prima edizione di un’iniziativa che tra due anni verrà replicata in Brasile, l’appuntamento ha visto la partecipazione di oltre 400 amministratori pubblici, politici, imprenditori, accademici e cittadini di 33 Paesi. Al centro dei lavori proprio la partecipazione alla vita civile e democratica delle città, presentata nella molteplicità delle sue applicazioni, come mostrato dalle numerose storie e prassi condivise dagli oltre 60 esperti nei settori di urbanistica, comunicazione, servizi, economia, politica e ambiente. Focus tematici, laboratori per l’analisi di buone pratiche e gruppi di lavoro interculturali hanno proposto l’attualità della partecipazione nel contesto interdipendente di oggi, proponendo anche esercizi di coinvolgimento per macroaree – cultura della cittadinanza, reti di cooperazione tra città, innovazione multi-stakeholders – che hanno raccolto il contributo dei partecipanti.
«Siamo convinti che la partecipazione sia una scelta strategica, il modo più consono di vivere bene dentro la città – spiega Lucia Fronza Crepaz, già parlamentare, formatrice presso la “Scuola di preparazione sociale” a Trento e membro del comitato scientifico dell’evento. “Una partecipazione non concepita come sostituzione della procedura della rappresentanza, ma scelta come una modalità efficace per affrontare la complessità dei problemi e ridare quindi corpo alla delega democratica».
Dall’elaborazione condivisa delle varie sintesi dei lavori, è scaturita l’approvazione del “Patto per una nuova Governance” con il quale i partecipanti s’impegnano a “contaminare” le proprie comunità e amministrazioni pubbliche.
«Siamo convinti – si legge nel documento – che le città possano diventare laboratori di sperimentazione che, nella quotidianità dei rapporti, permettano di percorrere vie di pace e di giustizia; dove circoli virtuosi possano essere innescati da chiunque e contagiare, trasformandosi in costruttive abitudini di cittadinanza; dove le diversità culturali possono incontrarsi, riconoscersi e comporre luoghi di nuova accoglienza; dove la cooperazione tra la funzione mediatrice dei politici, la qualità tecnica degli esperti, la competenza dei funzionari, il sapere dei cittadini e dei numerosi attori sociali, dà nuova qualità alla democrazia delle città. Se questa prospettiva si consoliderà in una molteplicità di pratiche efficaci, potrà diventare sistema e proiettarsi a livello globale».
Governare le città, al netto delle semplici rimostranze o di tante legittime prese di posizione di gruppi più o meno organizzati, è arte complessa, soprattutto in una società globalizzata ed in buona parte digitalizzata: rispondere a una simile società in rapido cambiamento, attraversata da pressanti problemi locali e, allo stesso tempo, da spinte e dilemmi globali, richiede la capacità di decidere per l’oggi e programmare a lunga distanza, evitando di perdere la capacità di risposta. Su questo assunto, l’idea di progettare insieme, incrociando stili di metodo e note di merito, che possano offrire una diversa visione, basata su forme di democrazia locali che puntino su un deciso riconoscimento del valore della partecipazione, la quale scaturisce dalla condivisione dell’appartenenza ad una vicenda comune, parte di un’unica famiglia umana, come emerso nella maggior parte dei laboratori.
Innumerevoli le esperienze confluite al convegno, tra le quali quelle relative al coinvolgimento delle donne, dei giovani, che nelle modalità più fantasiose delle pratiche partecipative trovano spazi più adeguati, come anche dei nuovi cittadini non ancor accolti dalla rigidità delle pratiche di riconoscimento formale.
Tanta la “qualità al governare” mostrata, a testimonianza di una politica che, parafrasando Einstein, appare spesso impossibile solo finché un territorio non la applica prendendo umilmente spunto da un’amministrazione o un ente capace di anticipare prima le soluzioni più creative e funzionali, unendo le competenze del funzionari all’apporto dei cittadini con il loro sapere e la loro esperienza quotidiana, insieme alle capacità dei numerosi attori sociali, economici e culturali, che sono il tessuto delle nostre città.
Con una sola espressione, la politica, “la più alta delle scienze umane” già per Aristotele, nell’antica Grecia precristiana, concepita come la “più alta forma di carità” nel ventesimo secolo da papa Paolo VI. Una categoria che si fa diritto, dovere, vocazione d’interesse ineludibile per ogni uomo, pur nella molteplicità delle forme di partecipazione che corrispondono all’irripetibile unicità di ogni essere umano.