Clericalismo?
Nel primo di una serie di dialoghi che hanno avuto molta notorietà, tra Papa Francesco ed Eugenio Scalfari, ad un certo punto si son detti: «PF: Lei da quanto ho capito, è un non credente ma non un anticlericale. Sono due cose molto diverse. ES: È vero, non sono anticlericale, ma lo divento quando incontro un clericale. PF: Capita anche a me, quando ho di fronte un clericale divento anticlericale di botto. Il clericalismo non dovrebbe aver niente a che vedere con il cristianesimo».
Ci voleva coraggio per dedicare un numero della rivista al tema del “sacerdozio”, tematica in pieno fermento: si moltiplicano infatti le indagini bibliche e la riflessione teologica a riguardo. Lo si fa con affermazioni non di rado opposte, interrogandosi sulle conseguenze della partecipazione di tutti i battezzati al sacerdozio di Cristo e ripensando l’identità e a volte la stessa esistenza del ministero ordinato. Le cause di una tale diversità di approcci si trovano, tra l’altro, nelle novità che spuntano nella concezione della Chiesa, per non parlare dei nodi che in campo ecumenico dividono i cristiani su questo argomento e delle convinzioni del mondo scristianizzato.
Non erano queste pagine lo spazio per rendere conto dello status quaestionis né tanto meno per cercare di offrire un contributo approfondito e documentato a tali analisi.
Ci siamo indirizzati piuttosto a rispondere all’affermazione di Papa Francesco con cui abbiamo aperto questa nota editoriale. Quali sono le caratteristiche del “clericalismo” che contraddicono il cristianesimo? Tante, sempre in agguato. Accenniamo almeno a una di esse.
I manuali di storia descrivono i processi attraverso cui, nei secoli, si sono concentrati nei ministri ordinati tutti i poteri (compiti di guida, d’insegnamento, del culto). Ciò ha portato man mano a una separazione tra chierici e laici, lasciando a questi ultimi soprattutto il dovere di ascoltare, obbedire, eseguire, senza offrire quel loro contributo imprescindibile che il Concilio Vaticano II ha rimesso giustamente in rilievo.
Ne sono seguiti, inevitabilmente, tutti i rischi del “comando”, oscurando l’insegnamento di Gesù sull’uguaglianza, l’amicizia, la fraternità, il servizio, la misericordia e la tenerezza: parole che implicano dialogo e libertà e, pur nella chiarezza degli indirizzi, superano ogni rigidità dottrinale e pratica, che non va d’accordo con l’atteggiamento di Dio nei riguardi dell’umanità: «Dio è padrone o Padre? […] Il comandamento è dal padrone, la parola è dal Padre».
Lo Spirito continuerà a “insegnare” e a “ricordare” guidandoci verso “tutta la verità” (Gv 14, 26; 16, 13) anche nei riguardi del carisma ministeriale. In ogni caso, un atteggiamento “mariano”, che rispecchi cioè i tratti tipici di Maria descritti nei vari contenuti di questo numero, non può che purificare e far crescere lo stile evangelico del sacerdozio di tutto il Popolo di Dio e, in esso, di coloro che sono chiamati al sacerdozio ministeriale a servizio della Chiesa e del mondo.
E.C.
1) Papa Francesco – E. Scalfari, Dialogo tra credenti e non credenti, Einaudi – La Repubblica, Roma 2013, p. 59.
2) Si trovano elementi di forte attualità e stimolo, in un’opera in piena sintonia col presente numero della rivista: P. Coda – B. Leahy (edd.), Preti in un mondo che cambia, Città Nuova – Istituto Universitario Sophia, Roma 20112.
3) Papa Francesco nell’udienza generale del 20.6.2018 introducendo una serie di catechesi sui Dieci comandamenti; discorso tutto da leggere, assieme ad altri interventi nella stessa direzione, come le parole rivolte ai nuovi cardinali nel Concistoro del 28.6.2018: ambedue in www.vatican.va.