Assisi, la guerra e l’Europa
Dopo l’ennesima strage di bambini nella guerra in Yemen (il bombardamento di uno scuolabus), ad agosto, giorno di santa Chiara, nel cuore dell’estate 2018, la sindaca di Assisi, Stefania Proietti, ha scritto una lettera ad Avvenire, lontana da ogni retorica, per invocare una responsabilità nazionale nel fermare l’invio di bombe prodotte in Italia verso la coalizione militare a guida saudita, che quelle armi sta utilizzando sulla popolazione civile, come avviene inevitabilmente in ogni guerra.
Un gesto che rimanda alla radicalità di Giorgio La Pira, il sindaco di Firenze citato spesso ultimamente come modello dell’agire politico. Il 18 novembre il consiglio comunale della città di san Francesco ha votato all’unanimità una mozione, presentata dal consigliere Carlo Migliosi, che chiede di cessare ogni collaborazione dell’Italia con la tragedia in corso in Yemen e di investire per una economia alternativa a quella di guerra nel territorio del Sulcis Iglesiente, dove quelle bombe sono prodotte dalla Rwm, società controllata dal gruppo tedesco Rheinmetall Defence.
Una tale presa di posizione, che chiede di essere ripresa in altre città, è arrivata come maturazione di un percorso che ha avuto una tappa decisiva il 27 gennaio del 2018 con un appello rivolto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, firmato congiuntamente dal sindaco della città assieme al vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino, il Movimento dei Focolari Italia, Libera e la Pro Civitate Christiana.
Per cercare di capire il senso di quanto sta avvenendo abbiamo rivolto alcune domande a don Tonio Dell’Olio, presidente di tale storica associazione, nata nel 1939, che ha da sempre abitato le frontiere del dialogo e dell’impegno diretto. Dall’Olio rappresenta, con la sua vita, una dedizione senza sconti sulle grandi questioni del nostro tempo. Per lungo tempo coordinatore nazionale di Pax Christi, è stato il fondatore del settore internazionale di Libera (associazioni, nomi e numeri contro le mafie). Il presidente della Pro Civitate Christiana interverrà il prossimo 19 dicembre a Roma all’incontro promosso nel segno di La Pira, presso gli uffici italiani del parlamento europeo, per dialogare sul destino di un’Europa che perde la sua identità se non agisce per una vera politica di pace.
Cosa è oggi la città di Francesco e perché rappresenta un significato particolare l’appello all’Italia intera?
In Assisi viviamo una congiuntura favorevole che è tutt’altro che astrale! Direi piuttosto che è provvidenziale nel senso più puro e teologico (o spirituale?) del termine. C’è un pastore che con umana trepidazione si pone al servizio di una chiesa locale che ha una tradizione e un patrimonio spirituale che sgorga direttamente dalla fonte francescana e clariana, che sono al servizio della pace in modo autentico e profondo. Allo stesso tempo il sindaco e l’attuale amministrazione civica sono consapevoli che questa è la città posta sopra il monte e che sui temi della pace, della giustizia e della salvaguardia del creato è chiamata a svolgere un ruolo primario che può rivelarsi trascinante per altri enti locali. Non possiamo dimenticare che se san Giovanni Paolo II nel 1986 scelse proprio Assisi per convocare l’incontro mondiale di preghiera dei rappresentanti delle religioni per la pace era perché Francesco e Chiara sono punti di riferimento luminoso nella storia, per chiunque voglia mettersi al servizio della pace con il dialogo e la nonviolenza.
Il 2019 alle porte ha un valore particolare in questo senso…
Proprio così. Il prossimo anno ricorderemo gli 800 anni dall’incontro disarmato e disarmante di Francesco con il Sultano Melik al Kamil durante le crociate e come dimenticare Chiara che affronta i saraceni che arrivano in Assisi (1255) con la sola forza dell’eucaristia e prega per la pace dell’intera città? Come dimenticare il vescovo Placido Nicolini che nel pieno delle leggi razziali e delle persecuzioni contro gli ebrei, insieme a un gruppo ristrettissimo di collaboratori, salvò la vita a circa 300 ebrei? Ecco, spesso il vescovo Domenico Sorrentino ripete che non vuole limitarsi a indicare il coraggio di chi l’ha preceduto ma vorrebbe intercettare le ingiustizie di oggi per poter servire la pace. La mozione del Consiglio comunale che chiede al governo di sospendere le forniture militari all’Arabia Saudita è frutto di questo percorso, che in Assisi vede protagonisti anche la rete di Libera, il Movimento dei Focolari e la Pro Civitate Christiana.
A partire dalla tua grande esperienza, come riesci a spiegarti, finora, l’aperta violazione della legge 185/90 come in questo caso delle bombe destinate all’Arabia Saudita? Cosa è accaduto al nostro Paese e dove vedi segni di una nuova coscienza che muove all’azione?
Io ricordo ancora le dichiarazioni degli industriali delle armi nel 1990, all’indomani dell’approvazione di quella legge che proibiva l’esportazione di armi verso Paesi che sono coinvolti in un conflitto armato o che violano i diritti umani o che imputano a istruzione, sanità e sociale una spesa inferiore che per la difesa. Loro dicevano: “Ma allora a chi le venderemo le armi? Ditelo che volete la crisi del settore!”. In realtà il settore armiero è stato l’unico in Italia a non soffrire i contraccolpi della crisi, se non in maniera favorevole. Ma la crisi economica in corso diventa la più ovvia delle foglie di fico dietro le quali riuscire a giustificare ogni violazione di quella legge. Ne usciremo solo se sottraiamo la discussione alla logica del martello dell’occupazione che batte sull’incudine della produzione di strumenti di morte che poi è la stessa logica che viene utilizzata per le aziende altamente inquinanti. Ecco, io penso che nessuno di noi vorrebbe ritrovarsi a dire ai propri figli che devono sopportare i bombardamenti e rischiare di morire (o morire) perché dall’altra parte del mondo ci sono operai che devono garantirsi il salario. C’è bisogno di un’azione politica, sindacale, economica molto risoluta e lungimirante che sappia pensare in termini di riconversione e di umanità. Peraltro sono anni che chiediamo una legge per la tracciabilità delle armi. Diventa paradossale che nel nostro Paese vi siano leggi scrupolosissime per tracciare gli alimenti e non le armi. L’unica speranza per ridare vita alla solidarietà è l’informazione. La gente si muove se si commuove. Lo dico nel significato più vero del termine. Abbiamo realmente bisogno di conoscere le situazioni per deciderci a metterci in gioco e offrire il nostro contributo. In questo senso il servizio di informare è la prima forma di carità.
La Pro Civitate Christiana di Assisi ha sempre avuto un profilo originale, di frontiera, nel contesto dei cattolicesimo italiano. Quale è oggi la sua vocazione?
Non è mutata. Resta un servizio di evangelizzazione attraverso la cultura in tutte le sue espressioni. Siamo convinti che nulla di ciò che è umano sia estraneo a Gesù e siamo chiamati ad evocare questa consapevolezza nel cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo. Evangelizzare nel senso di proporre riflessione e percorsi che portino a mettersi a servizio del mondo, dei poveri. Sentiamo una comunione speciale e profonda con il pontificato di papa Francesco che parla un linguaggio umano a partire da questioni che riguardano la vita di tutti come la pace, l’ecologia integrale, la corruzione… Sentirsi fratelli e sorelle di ogni persona aiuta a fare cammini ecumenici e interreligiosi in cui le differenze non sono una minaccia ma una ricchezza, aiuta a compiere scelte anche politiche, non “benché” credenti ma “perché” credenti. Per queste ragioni nella Cittadella di Assisi ci siamo sempre sentiti incoraggiati ad osare, perché il Cristo per primo ha osato. L’annuncio è una dimensione che non può mai prendere le distanze dalla rinuncia e dalla denuncia Questo comporta andare spesso controcorrente e essere invisi o scomodi. Ma non è tipico dei cristiani in ogni tempo?