Antonio Megalizzi: orgoglio italiano

Funerali di Stato per il giovane che ha saputo usare la parola per unire, un “eroe” perché molto banalmente “fa bene il suo lavoro” ed ha saputo avere orizzonti più vasti di quelli della sua città    

Un presidente della Repubblica, un presidente del Consiglio, il presidente del Parlamento europeo, l’intera Giunta provinciale, il vescovo, ed altre autorità. A tutti gli effetti, funerali di Stato, con relativa lista “altisonante” di nomi presenti. Funerali come di solito vengono tributati, se non proprio a degli “eroi” – qualunque accezione si voglia dare a questo termine -, quantomeno a personaggi illustri. Eppure Antonio Megalizzi non era, almeno finché il suo nome non è giunto sulla bocca di tutti per il tragico attentato di Strasburgo, una persona famosa. Era un giovane come molti altri, impegnato nel perseguire la sua carriera professionale; e nel dare concretezza a quel progetto Europeo che, nonostante la disaffezione di cui tanto si parla, è ancora condiviso da tanti. Ma il 20 dicembre alle 14.30 la città di Trento, autorità di tale calibro, e tante altre persone in Italia e in Europa si sono fermati per rendere omaggio a questo giovane nel momento delle esequie. Gli amici, i familiari e i conoscenti lo hanno ricordato in maniera commossa; il vescovo, mons. Tisi, ha parlato nella sua omelia di un giovane che ha saputo unire l’Italia – con le sue origini calabresi e la sua vita a Trento –, e l’ha ringraziato per aver saputo usare la parola – strumento per eccellenza del lavoro del giornalista – al fine di unire. Anche quella politica che a volte, purtroppo, strumentalizza gli eventi tragici, almeno in questi frangenti è stata solo presente con i suoi rappresentanti, osservando quel silenzio che mons. Tisi ha evocato nel rispetto del dolore della famiglia.

Funeral of Antonio Megalizzi in Trento

Sotto molti punti di vista, quindi, i funerali di Megalizzi hanno rappresentato un utile momento di riflessione e presa di coscienza per tutti noi come comunità. Presa di coscienza del fatto che un “eroe” è anche un giovane “qualsiasi”, che molto banalmente “fa bene il suo lavoro” ed ha orizzonti più grandi di quelli della sua città. Un giovane che mette i suoi talenti e il suo lavoro a servizio di un progetto volto a costruire ed unire – che sia una rete di radio universitarie, o che sia quell’Unione europea che, così come la generazione precedente l’ha costruita, già da tempo ha iniziato a stare stretta. Un giovane che sa farlo anche in condizioni precarie e di lavoro che è volontariato. Un giovane che ha solo la sfortuna di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato, ma fino a quel momento ha saputo vivere al meglio delle sue possibilità. Presa di coscienza che, in una fase storica in cui anche sembra vincerla chi grida più forte e chi lancia il tweet più dirompente, esiste una folla e una politica che sa ancora stare in silenzio quando è opportuno – i reportage parlano di un silenzio surreale anche nella piazza gremita, dove chi non è riuscito ad entrare in duomo ha seguito la messa sui maxischermi. Una messa funebre conclusasi con l’Inno alla gioia che, oltre che essere l’Inno dell’Unione europea, in questo caso non può che fungere anche da segno di speranza ed apertura verso il futuro.

I familiari di Antonio Megalizzi
I familiari di Antonio Megalizzi

Nel rendere omaggio ad Antonio Megalizzi come persona, e a ciò che lui personalmente ha fatto – di ordinario o di eccezionale – nella sua vita, l’Italia e l’Europa hanno anche riconosciuto che è proprio in questo impegno “semplice” di vita che sta l’eroismo, un eroismo a portata di tanti. Persone alle quali, come hanno testimoniato le due bandiere – italiana ed europea – sul feretro, “una città non basta”.

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