Alta tensione tra Francia e Italia

Il ministro degli Esteri transalpino richiama in patria l’ambasciatore di stanza a Roma, dopo gli attacchi di alcuni esponenti del governo di Giuseppe Conte alla politica di Macron. Converrebbe ascoltare Mattarella che predica la salvaguardia dell’amicizia franco-italiana

I fatti sono semplici. La Francia ha richiamato in patria il suo ambasciatore in Italia per consultazioni sulla «situazione grave che non ha precedenti dalla fine della guerra», come ha dichiarato il portavoce del ministero degli Affari esteri, Agnes von der Mühll, lamentando «accuse ripetute», «attacchi senza fondamento» e «dichiarazioni oltraggiose» da parte di alcuni esponenti del governo italiano. Sono dichiarazioni che «violano il rispetto dovuto alla scelta democratica, fatta da un popolo amico e alleato. Essi violano il rispetto che i governi democraticamente e liberamente eletti hanno l’uno per l’altro», afferma la von der Mühll. Poco dopo l’annuncio, i due sottosegretari politici del governo italiano, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, si sono dichiarati «disponibili» al dialogo con il governo francese. Dopo averne detto tutto il male possibile. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’incontro tra Di Maio e Di Battista da una parte, e il “duro” dei gilet jaune, Chalençon.

In realtà sono 8 mesi che gli attacchi di M5S e Lega si sono moltiplicati contro i transalpini, in particolare contro il presidente Macron, definito «pessimo presidente», «l’arrogante», «la lepre che sale», «il presidente che governa contro il suo popolo» e via dicendo, secondo la fantasia twitteresca oggi tanto di moda. L’Eliseo e il Quay d’Orsay hanno reagito via via agli attacchi con il linguaggio delle feluche, quindi formalmente e diplomaticamente in modo corretto, anche se con una indiscutibile durezza nei giudizi, in particolare sulle questioni della nave Aquarius, della Tav, dei cantieri navali Stx, sull’immigrazione a Bardonecchia e dintorni, sulle accuse di neo-colonialismo. Mattarella e lo stesso Conte cercano di gettare acqua sul fuoco, ricordando che l’amicizia franco-italiana è di vecchia data e impossibile da distruggere. Ma i due leader politici del governo italiano vanno avanti con la loro linea dura, anche se nelle ultime ore Salvini sembra voler prendere le distanze dal collega del M5S. Questa è la politica dell’istante che fugge, dittatorialmente schiava della regola del “chi grida più forte vince”.

Dai tempi dell’amicizia vera che si era creata tra De Gasperi, Adenauer e Schumann dopo i traumi della Seconda guerra mondiale, in Europa non si erano più viste scintille così minacciose tra due dei tre Paesi fondatori dell’Unione. Che l’amicizia italo-francese sia stata negli ultimi decenni spesso solo di facciata, è innegabile, anche se non a caso ci chiamano cugini: siamo troppo simili e troppo diversi per non veder scoppiare ogni tanto delle liti. Ma questa volta il tono dei giudizi e delle minacce di certi politici italiani è francamente intollerabile, anche perché frutto di mancanza di conoscenza della Storia. Buona regola diplomatica europea, che ha preservato l’Unione da sommovimenti pericolosi per una sessantina d’anni, è stata quella di non intervenire nella politica interna dei rispettivi Paesi. Ora gli atteggiamenti di certi nostri governanti – in particolare il loro appoggio al movimento dei gilet jaune – fanno saltare questa tradizione di rispetto reciproco: il richiamo dell’ambasciatore è un atto molto grave, che di solito avviene tra regimi nemici.

Ma chiediamoci: sono definibili nemici Francia e Italia? Difficile ammetterlo oggi che abbiamo la stessa moneta, abbiamo delle culture vicine, abbiamo degli interessi economici intrecciati in modo quasi indistricabile. Certamente i due Paesi vivono situazioni paradossalmente simili nelle difficoltà interne, in cui la coesione sociale sembra saltata per aria sui due versanti delle Alpi. Naturale, quindi, che i governanti rispettivi cerchino all’esterno dei propri confini un “nemico” contro cui scaricare le tensioni interne e distogliere l’attenzione di media e opinione pubblica dai gravi problemi di casa propria. Anche qui, nulla di nuovo sotto il sole.

È pure vero che le rispettive posizioni hanno ovviamente delle frecce “plausibili” al loro arco: la Francia non è innocente nella sua politica neo-coloniale (anche se formalmente il colonialismo è finito) e il protezionismo francese, nonostante qualche apertura iniziale di Macron, è indisponente per chi vorrebbe una concorrenza vera all’interno della Ue. Così come, da parte francese, ci sono buoni motivi per accusare l’Italia di poca serietà nel rispetto dei contratti (Tav), nel non rispetto delle norme finanziarie della Ue (compreso l’ultimo sforamento del deficit di bilancio italiano e la costante crescita del debito pubblico), nelle politiche migratorie (sapendo che la Francia di immigrati ne ha più del doppio dell’Italia), nella mancanza di “tatto” diplomatico.

Chi ci guadagna col far salire i toni della tenzone? Certamente a breve termine l’uno o l’altro dei contendenti può ricavarne vantaggi in termini di popolarità, in opinioni pubbliche sempre più sballottate qua e là dalle querelle mediatiche. Ma bisognerebbe guardare un po’ più lontano, e nel contempo un po’ più nel passato: alla lunga le tensioni fomentate ad arte possono diventare difficili da controllare da parte dei politici, ritorcendosi alla fine contro di essi. E soprattutto rischiano di lanciare una corsa al rialzo della tensione che abbiamo già conosciuto tra le due guerre mondiali: bisognerebbe ridare un po’ di spazio alla Storia e ricordare come tali accuse reciproche, che sembravano agli inizi solo delle goliardate, abbiano portato poi ai disastri dei nazionalismi esacerbati che hanno fatto 6 milioni di morti solo in Europa. Non è da sottovalutare la possibilità che alla fine del tunnel scoppino nuove guerre e nuove violenze. Il “controllo democratico” stabilitosi in Europa dopo la Shoah, lo stalinismo e i nazionalismi fanatici ha impedito finora lo scoppio di conflitti bellici. Ma fino a quando?

Ascoltiamo Mattarella: «Bisogna difendere e preservare l’amicizia con la Francia… Bisogna ristabilire subito il clima di fiducia». E ascoltiamo Conte: «Il rapporto di amicizia tra Francia e Italia resta solido». Ma l’amicizia per mantenersi ha bisogno di parole e di atti che nutrano la rispettiva stima.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons