Accettare le differenze in famiglia
Se l’unicità di ogni persona è un valore che nessuno di noi metterebbe in dubbio, nella quotidianità non è sempre facile sperimentare e accogliere la diversità dell’altro. Mentre alcune differenze suscitano in noi curiosità e interesse, ve ne sono altre che ci spaventano, di fronte alle quali siamo meno disposti a sperimentare e a riconoscerle come ricchezza.
Anche all’interno di una famiglia accade lo stesso, ad esempio per le differenze generazionali. Genitori e figli, nonni e nipoti, nel loro appartenere ciascuno al proprio tempo e al proprio contesto culturale possono fare molta fatica a comprendere i rispettivi punti di vista. L’orario di rientro, l’utilizzo dello smartphone, le vacanze, il modo di divertirsi con gli amici, sono solo alcuni esempi di tematiche attorno alle quali in famiglia, la differenza generazionale si fa sentire, generando spesso discussioni accese, se non veri e propri conflitti.
Un padre un giorno, esprimendo il suo senso di impotenza, mi disse: «Non so più cosa fare con mio figlio, non so più cosa dire quando lo vedo sul divano con i video-giochi e il telefonino a buttare via il suo tempo. Io alla sua età avevo dei sogni, qualcosa per cui ero disposto a fare sacrifici, loro adesso hanno tutto, forse è stato questo l’errore, dargli troppo».
Dopo aver compreso pienamente quanto fosse difficile per questogenitore osservare certi comportamenti del figlio, così diversi dai propri, senza riuscire a cambiarli, lo invitai a fare un esercizio. Gli chiesi di rappresentare graficamente la distanza che sentiva dal figlio e di annotare dopo ogni conversazione, incontro o scontro come si modificava. Successivamente gli chiesi di ripetere l’esercizio mettendosi nei panni del figlio, provando quindi ad indovinare come si modificava la distanza da lui percepita.
Questo esercizio di consapevolezza lo aiutò a comprendere qualcosa di importante. Ogni volta che esprimeva giudizi negativi verso il figlio, sottolineando come fosse deluso dal suo comportamento e come lo vedesse diverso da sé, la distanza tra loro aumentava, i toni e gli sguardi si inasprivano, ciascuno di loro era sempre più chiuso e rigido nelle proprie posizioni. Comprese inoltre che anche il figlio soffriva per queste differenze e che, non sentendosi compreso, interrompeva il dialogo, accumulando dentro di sé tanta rabbia.
Come può comportarsi dunque un genitore in situazioni come queste? Dovrebbe assecondare comportamenti che ritiene sbagliati? Fare finta di niente? Certamente no. Una strada possibile è quella di concentrarsi prima di tutto su quello che si vorrebbe veder crescere nel figlio. Si tratta di iniziare ad osservarlo con uno sguardo diverso, volto a cogliere qualsiasi traccia, anche piccolissima, di un comportamento o di un atteggiamento positivo, come punto di partenza per riaprire uno spazio di dialogo e di riconoscimento reciproco. È come cercare dei piccoli semi in un giardino, senza prestare troppa attenzione alle erbacce, resistendo alla tentazione di avvicinarsi ad esse per cercare di strapparle.
Si tratta di un passo molto difficile dal punto di vista emotivo. Noi esseri umani siamo abituati a pensare che per fronteggiare un problema si debba partire dal nodo più problematico, dall’eliminare il negativo… Riteniamo infatti che il seme non possa crescere se il terreno non è stato prima liberato dalle erbacce, da ciò che è diverso, estraneo, da ciò che non ci piace. Cosa avviene, però? Mettendo tutta l’energia su questo obiettivo, ci dimentichiamo di annaffiare i semi buoni e di nutrire il terreno, che così si impoverisce. Ogni relazione richiede, invece, impegno e costanza, di accogliere le differenze prima di provare a promuovere un cambiamento. Il nutrimento passa da gesti piccoli e in sé molto semplici:
- Riconoscere un’emozione e prendersene cura, come quando un genitore si avvicina al figlio dicendo: «Oggi mi sembri preoccupato, che ne dici se andiamo a fare due passi?». È importante avere la pazienza di aspettare che l’altro si apra, resistere alla tentazione di fare interrogatori, lasciare spazi di ascolto aperti, non giudicanti.
- Invitare alla riflessione, aiutando l’altro ad andare più a fondo, senza dare risposte pre-confezionate, e giudizi affrettati: «Cosa ne pensi? Non rispondermi subito, prenditi un po’ di tempo per pensarci, mi interessa che sia proprio la tua idea, non la prima cosa che ti passa per la testa». I ragazzi oggi sono abituati ad interazioni molto veloci, con tante informazioni e pochi spazi vuoti, dedicati alla riflessione. Aiutarli a coltivare questi spazi può essere prezioso.
- Scoprire cosa c’è dietro le differenze prima di affrontarle. Trovare un punto di partenza comune prima che si inneschi il conflitto contribuisce, infatti, a renderlo più costruttivo. Ad esempio : «Questa cosa la vediamo diversamente, prima di discutere cerchiamo di capire cosa c’è dietro. Tu cosa vuoi andare in vacanza con i tuoi amici, passare del tempo con loro, questa è una cosa bella. Io voglio proteggerti perché ti voglio bene, dall’altro lato mi dispiace dirti di no perché ho capito che ci tieni tanto. Entrambi abbiamo un desiderio positivo, vogliamo qualcosa di buono e di bello per te, partiamo da questo e cerchiamo insieme di arrivare alla decisione più saggia».
Questi sono solo alcuni esempi di come sia possibile attraversare le differenze in famiglia, non con l’obiettivo di appianarle a tutti i costi, ma di guardarle dalla prospettiva di uno o più valori condivisi. Non vi è infatti alcun cambiamento o apprendimento che possa svilupparsi senza un terreno fertile costituito dalla relazione, dal desiderio che l’altro possa crescere e fiorire, sviluppando le sue potenzialità.
Per un genitore o un educatore è fondamentale essere una presenza stabile, che sa dare fiducia e accompagnare i più giovani in questa ricerca di ciò che dà un senso e uno scopo alla loro esistenza, senza mai sostituirsi a loro o imporre i propri valori come verità assolute. I giovani nell’epoca che stiamo vivendo sono immersi in una miriade di stimoli e di voci e ognuno di questi cerca di gridare più forte per avere la meglio. Spesso non hanno bisogno di altre parole, ma di uno sfondo accogliente che li aiuti a far emergere, tra tutte quelle voci, la loro voce interiore, preziosa nella sua unicità.